domenica 23 novembre 2008

ROMAGNA FELIX


Marina di Ravenna ti accoglie in maniera distratta, senza troppi fronzoli, con un aplomb raro per le nuove località rampanti della costa adriatica.

Il divertimentificio litoraneo ravennate è nato, da poco, figlio quasi non riconosciuto dei nuovi locali della più rinomata Milano Marittima, località in a pochi km più a sud. Un indotto insperato, subito raccolto dal pragmatismo di questi romagnoli della provincia più intellettuale e distaccata, Ravenna. Città di incontro con l’Oriente bizantino, da cui ha assimilato il gusto del bello, l’attenzione per il dettaglio prezioso e la cura dell’immagine, riuscendo miracolosamente a non contaminarsi con i verminai burocratici e l’indolenza tipici della gente del levante.

Il visitatore o turista è ancora una categoria sociologica poco assimilata, verso il quale c’è, alla peggio, titubanza o, alla meglio, la tentazione di divertirsi tutti assieme, come farebbe un oste di paese tirando giù la serranda del suo locale per bere un bicchiere con gli amici/clienti di sempre. Dunque volontà di costruire, migliorarsi, crescere economicamente, mai incupito però da eccessi o derive milanesistiche simil calviniste.

Dedizione, precisione e solare cordialità fanno di questo scampolo di Romagna un luogo protetto dalle catene di montaggio del divertimento estivo, vedi Rimini o Riccione, che solo di recente sono state recuperate a nuova attenzione e cultura del turista: non più medio basso impiegato/operaio del nord a cui propinare offerte tutto compreso in squallidi hotel nominalmente e tre stelle, ma che di fatto ne avrebbero meritato a malapena un satellite.

O, peggio, minus habens intruppato in bande di scalmanati amanti degli after hour su cui riversare tutto il peggio della cultura chimica e tecno maranza del momento. No. Oggi tutti gli operatori sono consapevoli dell’avanzare lento ma inesorabile di una figura nuova: il Turista Intelligente e Politicamente Corretto.

Egli appare più consapevole dei sui doveri, ma anche dei suoi diritti, in particolare a quelli attinenti al soddisfacimento degli appetiti cultural-folcloristici. Ha scoperto gli entroterra, che ormai non offrono più solo le classiche mangiate domenicali, ma diventano santuari del boccone di tranquillità finisettimanale e della più consistente torta della vacanza estiva.

La Romagna ha capito questo già da tempo, premurandosi di avvisare i transitanti che Rimini e Riccione non offrono solo litorali e spiagge a perdita d’occhio ove distendersi a rimirare il verdognolo Adriatico, ma anche campagne riposanti e ricche di storia e cultura. Sì perché la cultura romagnola è unica nel suo genere. Culla della musica nazional popolare (l’anthem Romagna Mia, ormai riconosciuto al pari di O’ sole mio come uno dei pilastri dello strapaese esportato a colpi di stereotipi in ogni latitudine) ma anche patria di Secondo Casadei, uno dei pionieri del serio recupero delle tradizioni musicali territoriali, i cui sforzi sono stati in parte vanificati dalle derive kitch dei suoi discendenti.

Santuario della buona cucina, un po’ carica ma genuina, sana e soprattutto soddisfacente per i sensi. Un po’ come (e qui il paragone sarà scontato ma è d’obbligo) rimirare i magnificenti culi delle donne di Fellini.

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